Si passa ora al gesso, pieno di storia e di emarginazione. Di utilità e di umiliazione. Fragilità e pervicace, secolare consistenza. E lo si fa precipitare in un racconto falsamente demodé, con scenari sospesi di allusioni metafisiche e di calderoni alchemici, in cui si respira profonda l’arte della materialità, della sua voce autonoma quasi ‘automatica’ che si vuole affacciare però ancora a suggerire discorsi senza fine di volumi, contorni, spazi e colori: concetti e immagini di una estetica prosciugata ma indomita, in lotta con altri mondi ma ancora viva, possibile.
testo di Stefano Scala
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