artista Roberto Leorato
titolo Il freddo della crescita
dimensione 25×68,5 cm
data 2013
Non solo arte
artista Roberto Leorato
titolo Il freddo della crescita
dimensione 25×68,5 cm
data 2013
Presso la Galleria Spazio 6 di Verona, dal 12 al 27 gennaio , Roberto Leorato esporrà alcuni dei nuovi lavori durante la collettiva “Contemporary Art 2013”.
Inaugurazione con aperitivo Sabato 12 gennaio alle ore 17.00.
Via Santa Maria in Organo, 637129 Verona
Tel. 045 8673069
www.galleriaspazio6.it
orario:16.30-19.30
lunedì chiuso
artista Roberto Leorato
titolo polarità
dimensione 54×34 cm
data 2012
artista Roberto Leorato
titolo lago salato
dimensione 45,5×36 cm
data 2012
artista Roberto Leorato
titolo orizzonte polimaterico
dimensione 66,5 x 26 cm
data 2012
mostra a cura di Grazia Bruno
intervista a Roberto Leorato a cura Stefano Scala
In una dimensione ambivalente come questa, offerta dalla mostra di Ragusa Ibla, dove la tradizione architettonica si apre ad accogliere esempi di attualità espressiva e, viceversa, il contemporaneo si fa attraversare dal respiro presente della tradizione, Roberto Leorato si sente a suo agio. Porta opere create per l’occasione, ideate e costruite ad hoc, in un connubio consono di realizzazione di tipo ‘ambientale’ e di artigianato dal sapore antico.
Artista veronese, Leorato ha esordito nei primissimi anni settanta con lavori più schiettamente pittorici (e ha proseguito via via sedimentando in tal senso varie esperienze ‘astratte’, gestuali, di figuratività espressionista), ma nel corso della sua carriera mai ha abiurato ad una naturale propensione per il ‘manufatto’.
Buona parte della sua più recente produzione si colloca nell’ambito di una sorta di scultura del reintegro e della riproposta continua per una nuova significazione degli oggetti. In un’oggettistica d’arte che si nutre di giocosa ironia e di impegno lieve nel riutilizzare parti di vecchi utensili per assemblarli con porzioni da lui stesso costruite o trasformate, l’artista recupera ‘un nuovo senso’ formale e contenutistico sia da pezzi ormai ridotti a essere semplicemente materiale (di scarto), sia da prodotti industriali destinati a funzioni quotidiane o banali.
E Leorato li “ri-genera”, ravvivandoli di colore, plasmandoli, maneggiandoli, rinnovandoli appunto, con la sua salda e saggia cultura rurale radicata nella poetica dell’utor, la voce latina ‘io uso’.
A Ragusa Roberto presenta tra l’altro una serie di ‘dischi’ da lui preparati partendo da comuni coperchi, fatti di lamiera stampata: li trasforma in lavori ‘simil-preziosi’, quasi una sorta di grandi cammei scultorei, frutto dell’intervento di un inventivo costruttore di ex-voto pagani, da collocare su altari in cui si contempli la devozione per i piccoli simboli popolari del vivere, e il Sentimento e la Natura che rappresentano. Questo ‘ruolo’ immaginifico all’artista stesso sembra perfettamente centrato, quasi ci fosse una corrispondenza tra le sensazioni suscitate dalla particolarità del luogo e le proprie convinzioni artistiche, che qui gli riesce di esprimere pienamente.
Lo conferma lui stesso, presentandomi le sue opere, parlando di tecniche, spunti tematici e suggestioni vissute nell’ideare e realizzare.
“Il mio non vuole essere mai un semplice recupero di materiale: mi sento di appropriarmi dell’oggetto, anzi, meglio, me ne ri-approprio, nel momento in cui utilizzo le tracce lasciate dall’intervento operato su di esso, da me o dagli elementi naturali di cui mi servo.
In questo caso in alcuni lavori ho bruciato a fiamma viva il coperchio e così sulla lamiera, di per sè riflettente come uno specchio, nascono sinuose onde pittoriche; in altri il battere col martello lascia tracce per una superficie variamente accidentata, ma mossa, vitale.
Poi ho aggiunto degli inserti ‘narrativi’ di varia natura, come elefantini di legno, comprati in serie, le teste e le maschere di animali da me plasmate in lamiera o in cartapesta, e ancora fiori di creta manipolati, foglie di ferro battuto, ‘ripassate’ al martello e riprese con smalti scintillanti.”
Nel tuo percorso artistico sei approdato a tele che rappresentano scene di vita primitiva, tribale, pullulanti di forme di esseri viventi perfettamente riconoscibili ma ancora ‘in divenire’. C’è continuità con questi lavori?
“Sì. Anche qui intervengo usando elementi naturali primordiali: il fuoco che brucia, l’energia raffigurata dalle onde che esso produce e la stessa energia antica richiesta per percuotere le lamiere o anche per rimodellare le parti aggiunte; le figurine stesse, poi, sono in genere piante o animali con richiami mitici, quasi biblici, legati comunque alla tradizione mediterranea: l’elefante, il gatto, animale sacro nell’antico Egitto, lo stesso bue. E alcune teste sono ancora visioni ‘metamorfiche’, ancestrali, dell’animalità. Le rose, poi, entrano nell’iconografia religiosa”.
E le cornici? Sono un elemento importante?
“Per me quelle che erano modanature circolari della lamiera, i bordi del coperchio originale, hanno assunto un valore decorativo e formale, ma anche strutturale: delimitano e includono, e allo stesso tempo costituiscono un centro concettuale assoluto, che è come l’altra faccia o polarità di questi lavori. Sono il concretizzarsi dell’artificio, che è la capacità umana di costruire un’altra realtà ma con le stesse componenti naturali, e dunque le medesime forme vitali ed energetiche, re-interpretate, fuse e trasformate, anche simbolizzate, dalla mente umana e dalla sua immaginazione. L’artificio è ‘dalla’ Natura, e dal primo Manierismo cinquecentesco fino al Barocco pieno ha conosciuto stagioni esaltanti, anche in questa terra. Nelle cornici ho voluto un più di artificioso, dato che ho operato un processo di finto invecchiamento, ma in cui c’è una decisa prevalenza dello scintillìo dell’oro.”
Oro, Barocco, richiami di questa terra…
“Mi piace innanzitutto immaginare la costruzione dell’artificio in un contesto ambientale che ne è intriso, come questo, e se le mie ‘cose’ verranno collocate in uno spazio ‘storico’ ma svuotato, saranno libere di riempirlo come personaggi su un palcoscenico. In teatro non si può prescindere dalla suggestione barocca, che del resto io associo anche, nel Meridione, all’uso di una materia più malleabile e plasmabile e allo stesso tempo più deperibile: penso al tufo, che è come un’ulteriore metafora della vita reale, dunque degradabile, rispetto, per esempio, alla solidità ideologica del marmo nel barocco romano. Se questo mi ha indotto a rendere le cornici così ‘segnate’ dal tempo e dalla luce, è però chiaro che le parti figurate sono simboli della vita destinati a durare e a ripetersi, come le rappresentazioni teatrali, e a rinnovarsi.
Insomma, tutto ricomincia…
“Bè, certo, e poi tu m’insegni che il barocco è linguaggio vivo nella contemporaneità, perché tutta l’architettura, l’arte e il design post-moderni nascono dall’esigenza – così come fu in quei tempi – di decorare armonizzando, di abbellire sintetizzando in un movimento emozionante i diversi elementi estetici succedutisi nei secoli”
Mi hai parlato anche di una sorta di volontà di “volgarizzazione” nei tuoi lavori.
“Sì, nell’accezione ‘democratica’ del termine, e anche in questo c’entra il Barocco, che fu il coronamento di una primissima fase che porta al riconoscimento della dignità di una visione quotidiana e ‘volgare’ del mondo, e della secolarizzazione del sacro, insomma una prima valorizzazione del sentire popolare.”
Ecco che si può spiegare l’accostamento agli ex-voto..
“Vorrei aggiungere ancora qualcosa: ci tengo a precisare che nel piacere di creare un ‘manufatto’, e di inventarvi – cioè, etimologicamente, trovarci dentro, rinvenirvi – alcune suggestioni culturali, c’è anche un po’ il bisogno di una critica più o meno benevola, anche auto-diretta ovviamente, verso alcuni aspetti del mondo dell’arte contemporanea, in particolare la sua indulgenza nel celebrare la propria auto-referenzialità . E così, tanto per tornare con i piedi per terra, vorrei ricordare il lavoro conclusivo tra quelli preparati per la mostra, in cui ho costruito un orsetto che sporge da un semicilindro: ci vedo scherzosamente me stesso, la piccola anima istintiva che è anche in me, che cerca a fatica di uscire da un imbottigliamento intellettuale, da quella ricerca di soluzioni tecniche e di correlazioni tematiche che, se prolungata, rischia di avvitarsi su se stessa.”
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